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È tempo che la psichiatria discuta i criteri di consenso per l’eutimia? Prospettive cliniche, metodologiche,di ricerca ed etiche

Euthymia è una parola di origine greca (eu che significa buono; thymós che significa umore) usata da filosofi antichi come Diogene e Seneca. Il suo concetto centrale riguarda uno stato soggettivo e stoico di tranquillità che spesso va oltre i concetti fisicisti e medici contemporanei di umore e modelli di comportamento umano., Attualmente, nella pratica medica e di ricerca, l’eutimia si riferisce a uno stato di remissione clinica per le sindromi dell’umore come la depressione maggiore e il disturbo bipolare (BD).

Il DSM, pubblicato dall’American Psychiatric Association (APA), che è la raccolta più importante di criteri diagnostici psichiatrici standardizzati in tutto il mondo, tradizionalmente non definiva alcun criterio diagnostico per l’eutimia. Nella sua ultima (quinta) edizione, pubblicata solo pochi anni fa, la Task Force DSM-5 ha apportato pochi, se del caso, cambiamenti significativi riguardo alla questione dell’eutimia o della remissione nei disturbi dell’umore., Nell’ultimo decennio, l’iniziativa Research Domain Criteria (RDoC) è stata oggetto di crescente attenzione. L’iniziativa RDoC è stata sviluppata dal National Institute of Mental Health (NIMH) degli Stati Uniti per nuovi approcci allo studio dei disturbi psichiatrici. Tuttavia, non ha valutato ampiamente lo stato eutimico dei disturbi dell’umore. Nel 2009, la Task Force International Society for Bipolar Disorders (ISBD) ha pubblicato un rapporto scientifico sulla nomenclatura per il corso e l’esito della BD., Questo rapporto riflette gli sforzi per creare un consenso esperto per l’uso di termini clinici come risposta, remissione e recupero per gli episodi di umore.1 Infatti, il DSM include i termini remissione parziale e completa come specificatori di episodi di umore. Pertanto, non ci sono ancora descrizioni chiare e precise dell’eutimia, spesso indicate nelle pubblicazioni scientifiche come stati clinici “interepisodici” o “rimessi”.2 Non sorprende che questo rappresenti un grosso problema per ricercatori e medici.,

Dal punto di vista clinico, la mancanza di criteri specifici per l’eutimia o la remissione ostacola la valutazione degli stati rimessi nella pratica medica.2 Ciò ha implicazioni terapeutiche significative. Ad esempio, diverse linee guida e studi clinici sul trattamento di mantenimento della BD definiscono l’eutimia o la remissione come l’assenza di criteri per gli episodi principali dell’umore in base al DSM o punteggi bassi sui questionari sull’umore come la Hamilton Depression Rating Scale (HDRS) e la Young Mania Rating Scale (YMRS).3 Le difficoltà persistono nel campo della ricerca clinica., Negli ultimi 15 anni, c’è stato un crescente interesse nello studio delle fasi interepisodiche di BD. Un crescente corpo di prove mostra che i pazienti con BD che soddisfano i criteri per l’eutimia presentano una vasta gamma di psicopatologia residua, tra cui il deterioramento cognitivo e l’umore subsindromico e la disfunzione del sonno.4 Inoltre, prove convincenti mostrano che i sintomi residui sono correlati a funzionalità ridotta, qualità della vita e prognosi ed esito negativi.5,6 Ancora una volta, i criteri per l’eutimia in questi studi sono variati immensamente., In breve, l’assenza di criteri specifici per l’eutimia impone enormi difficoltà sia per la pratica clinica che per la ricerca. In questo senso, gli sforzi per creare una tassonomia universale e ampiamente utilizzata per gli stati clinici eutimici in BD, come la Task Force ISBD per la nomenclatura, sono necessari al fine di ottenere confronti ottimali tra i risultati di studi clinici distinti. Inoltre, aumenterebbe significativamente la potenza degli studi prospettici e retrospettivi per rilevare i fattori di rischio, i predittori clinici e la prognosi.,

Tuttavia, i problemi riguardanti il dibattito sull’eutimia continuano. Almeno altri due aspetti devono essere menzionati. In primo luogo, c’è stato un lungo dibattito metodologico, almeno per BD, sui motivi o sul fondamento dello stato eutimico. In questo senso, le prove accumulate negli ultimi decenni che mostrano una spiccata psicopatologia residua nei pazienti bipolari eutimici hanno portato molti ricercatori a sollevare dubbi e domande sulla pertinenza dello stato eutimico stesso. Non sorprende che diverse pubblicazioni definiscano questi pazienti BD senza episodi di umore importanti come rimessi o interepisodici., Dovremmo cambiare la nostra nomenclatura e smettere di usare il termine eutimia a favore dei termini rimessi o interepisodici? Possiamo stabilire un confronto di questa situazione con condizioni neurologiche note come la sclerosi multipla, che classicamente si manifesta come recidive cliniche e remissioni? È questo il caso di BD e euthymia? L’evidenza clinica e neurobiologica punta verso questa direzione?

Un secondo, e più complesso, dibattito è quello sugli aspetti etici dell’intero concetto di eutimia., Anche se la definizione di criteri di consenso specifici per l’eutimia porterebbe progressi per la pratica clinica e di ricerca, potrebbero emergere domande e critiche riguardanti le preoccupazioni sulla standardizzazione del normale comportamento umano. Ciò potrebbe spiegare gli sforzi scarsi e isolati per definire e creare criteri specifici per l’eutimia. In un interessante articolo, Fava & Bech propone l’uso di una scala specifica per misurare l’eutimia, generando un punteggio che varia da 0 a 10.,7 Tuttavia, gli autori lavorano con un concetto di eutimia più legato al benessere che agli aspetti clinici dei disturbi psichiatrici, come la depressione maggiore e la BD.

Nel complesso, ci sono aspetti metodologici, clinici, di ricerca ed etici rilevanti per quanto riguarda il concetto di eutimia. La mancanza di consenso clinico e di ricerca sull’argomento impone diversi problemi, come descritto nel testo. Inoltre, non si tratta di un dibattito facile da sollevare, perché comporta questioni metodologiche ed etiche complesse; tuttavia, è urgente una discussione più ampia.

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